L’Argentina ha scelto il suo nuovo presidente: Javieri Milei, il candidato di iperliberista ha vinto con un risultato netto, con 11 punti % sull’avversario peronista e vincendo in 20 delle 24 province del paese. Promette di dare in mano ai privati “tutto cio’ che puo’ stare nelle loro mani”. Ovvero anche educazione, salute, pensioni. Una ricetta che si é dimostrata fallimentare ovunque sia stata applicata, a partire dal Cile.
La vittoria di Milei rappresenta un cambiamento non solo sul terreno economico, ma anche su quello della biografia nazionale, sul giudizio del passato, in particolare sulla dittattura civico-militare, che dal 1976 al 1983 ha governato l’Argentina. Ne avevamo parlato poco prima del voto, su Il Manifesto, con il giornalista argentino Caparrós. Oggi si torna a parlare di quegli anni e non più solo in termini di condanna verso la dittatura: le giustificazioni della repressione militare della vicepresidente di Milei hanno trovato eco nel dibattito pubblico. “C’era consenso nella società per la condanna verso la dittatura e di solidarietà ai militanti. Il giudizio sugli anni ‘70 ha iniziato a cambiare durante i governi Kirchner (la coppia presidenziale peronista di sinistra che ha guidato il paese dal 2003 al 2015), quelle forze di governo si sono presentate in continuità con i militanti degli anni ’70, la destra ha iniziato quindi a trattare i militanti non più come vittime, ma come politicanti corrotti. Il dibattito attuale è l’ultima tappa di questo processo di riscrittura del passato” spiega Caparrós. L’intervista completa la trovate di seguito
In Guatemala, il più grande paese centro americano, continua la crisi politica legata all’insediamento del nuovo Presidente, Bernardo Arévalo, esponente del Movimiento Semilla, partito di centrosinistra anticorruzione, che ha vinto le elezioni lo scorso 20 agosto. Una parte delle élite del paese sta cercando in ogni modo di evitare l’insediamento di Arévalo, attraverso inchieste e provvedimenti giudiziari contro il Presidente eletto e il suo partito. La ferocia della reazione contro la vittoria elettorale di Arévalo si può interpretare guardando alla struttura socioeconomica del Guatemala, uno dei paesi più diseguali al mondo, tra i più poveri d’America Latina e altamente dipendente dall’economia degli Stati Uniti.
Per Mondopoli, ho scritto una lettura della crisi guatemalteca a partire dalla struttura socioeconomica del paese. Si legge qui.
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