Appena il 49% della popolazione latinoamericana crede che la democrazia sia preferibile a qualunque altro sistema di governo. Non è un dato qualunque, in una regione dove il ricordo delle dittature militari è ancora vivo.
L’America Latina é, ancor di piu’ dopo la pandemia, la regione piu’ diseuguale al mondo nella distribuzione del reddito. E come puo’ esserci democrazia se c’é tanta differenza tra l’alto e il basso della societa’?
A Macondo parliamo dello stato di salute della democrazia nella regione. Con noi, il giornalista Jon Lee Anderson. Si ascolta qui.
[Parentesi: per chi è appassionato di giornalismo e di America Latina, intervistare Anderson è come incontrare Messi per chi ama il calcio. E quindi, può darsi che Gabriel Garcia Marquez esagerasse nel dire che “giornalismo sia il miglior lavoro del mondo”, ma quando ti da queste opportunità, non ci va molto lontano. Ho incontrato Anderson a San Paolo del Brasile a fine settembre, stava solo, alto e brizzolato in mezzo alla folla che si muoveva a passo di samba, in una manifestazione a favore di Lula. Abbiamo fissato l’intervista per il mese successivo, sempre a San Paolo. Come tutti i grandi, Anderson è una persona semplice che non ha complessi di superiorità evidenti. Benché se li potrebbe permettere tutti, visto che - tra l’altro - il suo lavoro di ricerca per scrivere la biografia di Che Guevara, ha permesso di ritrovare il corpo del rivoluzionario argentino, occultato dai militari in Bolivia. Abbiamo chiacchierato per oltre due ore, potete ascoltare una sintesi dell’intervista nella puntata di Macondo ‘Come stai, democrazia?’. Secondo Anderson, la claudicante democrazia latinoamericana, una "spirale che si muove verso l’alto e verso il basso, con fenomeni positivi e negativi, impossibile dire dove andra’ a finire"].
L’episodio si può ascoltare su tutte le principali piattaforme di podcast. Macondo è curato da me e da Federico Larsen, le voci artistiche sono di Matilde Vigna, viene pubblicato ogni due settimane, per restare aggiornati potete iscrivervi qui.
Tutte le puntate del podcast si trovano a questo link.
Brasile
In Brasile è iniziato il processo di transizione. Lula si sta comportando da presidente in carica. É stato alla COP-27 del clima in Egitto, ha nominato la squadra incaricata di seguire i dossier della transizione, sta cercando risorse per garantire la promessa principale della campagna elettorale: sconfiggere la fame.
Bolsonaro, abbandonato dai suoi alleati più moderati, è chiuso in un labirinto. Non accetta la sconfitta, ma non può fare nulla per evitarne le conseguenze.
Il suo partito, il PL, ha presentato un ricorso che chiede conto al Tribunale Supremo Elettorale della regolarità delle elezioni. Nessuno in Brasile crede che il ricorso possa essere accolto. I bolsonaristi più radicali, non sapendo più che pesci pigliare, hanno chiesto aiuti agli extra-terrestri attraverso la luce dello smartphone per evitare l’insediamento di Lula.
Quel che è certo è che il 1° gennaio 2023, a Brasilia, Lula indosserà la fascia verde oro come trentanovesimo presidente del paese. Non è ancora chiaro chi gli passerà la fascia presidenziale. Bolsonaro ha detto di non volerlo fare, il suo vice nemmeno. Alla fine del 2022, la tragedia bolsonarista, ha assunto i toni patetici della farsa.
Del momento politico brasiliano ne ho parlato a un dibattito organizzato da Radio Sherwood Padova, qui si legge un resoconto. E con l’associazione vicentina ANS21. Qui il video dell’incontro.
Per oggi da Plaza Dignidad - Notizie dall’America Latina è tutto, alla prossima!
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