I prossimi 17 e 18 luglio si terrà a Bruxelles il vertice tra Unione Europea (UE) e la Comunità di Stati latinoamericani e dei Caraibi (CELAC, Comunidad de Estados Latinoamericanos y Caribeños). Un’occasione per rilanciare le arrugginite relazioni tra due regioni tradizionalmente vicine. Due rischi minacciano la riuscita del vertice e un’opportunità si presenta per l’Italia.
Posta in gioco
Il summit di luglio sarà l’occasione per rilanciare le relazioni tra le due regioni, sia sul piano commerciale (con al centro la trattativa senza fine sull’accordo UE-MERCOSUR), sia su quello politico. L’Unione Europea ha fretta di riallacciare i rapporti con un’area del mondo che, almeno a parole, considera non solo un partner commerciale, ma un socio strategico con il quale condivide i valori liberali, cultura e prospettive sulla governance globale. Ma che è stata trascurata negli ultimi anni: l’ultimo vertice risale al 2015. E nel frattempo nella regione è cresciuta l’influenza cinese e si è ridotto il peso degli Stati Uniti.
«Come trattare l’America Latina? È un socio alla pari o un ponte per il nord globale, nel sud del mondo? Questa è la domanda che si pongono i presidenti latinoamericani. La regione vuole partecipare a pieno titolo al processo di trasformazione della globalizzazione, sia nel cambio del paradigma economico sia nella riforma della governance globale» spiega a Treccani Mario Cimoli, già vicesegretario della Commissione economica per l’America Latina e i Caraibi (CEPAL, Comisión económica para América Latina y el Caribe) delle Nazioni Unite.
«Insieme rappresentiamo un terzo dei paesi delle Nazioni Unite, possiamo rafforzare un ordine mondiale basato sulle regole» ha detto Ursula von der Leyen nel suo recente viaggio latinoamericano, che ha toccato Cile, Brasile, Argentina e Messico.
Accesso alle materie prime
L’agenda del vertice ruoterà attorno alle sei priorità/settori chiave: transizione verde, energie rinnovabili, materie prime critiche, trasformazione digitale, finanza sostenibile, sviluppo umano. L’Europa è innanzitutto interessata a guadagnarsi un posto al sole nella corsa mondiale per l’accesso alle materie prime strategiche, indispensabili per la transizione energetica. Per farlo punta alla differenziazione delle fonti di origine per l’acquisto di materie prime critiche, oggi monopolizzate dalla Cina. L’America Latina è una regione ricca di questi minerali: il niobio ed il tantalio, di cui il Brasile è il secondo produttore mondiale, il litio di cui Cile, Bolivia e Argentina possiedono le maggiori riserve, e il rame, di cui Cile e Perù sono due dei principali esportatori, sono fondamentali per la transizione energetica. Anche a questo è servito il viaggio latinoamericano della presidente della Commissione europea, durante il quale sono stati siglati accordi sul litio in Argentina e Cile.
Gli strumenti della politica estera europea
La politica europea sta definendo nuovi strumenti di politica estera, come il Global Gateway (progetti di investimento in infrastrutture intelligenti, per un totale di 300 miliardi di euro) e le partnership, i partenariati internazionali, strumento della cooperazione internazionale allo sviluppo della UE. «Le risorse del Global Gateway sono indirizzate in gran parte verso l’Africa, in misura minore verso l’America Latina. I soli investimenti europei in Brasile, 362 miliardi di euro, valgono un Global Gateway. Certamente, Global Gateway è una piattaforma che aiuta le relazioni tra le due regioni, ma da sola non basta, deve svilupparsi assieme agli investimenti europei» afferma Cimoli. L’Unione Europea è il primo Paese d’origine degli investimenti diretti esteri in America Latina e i Caraibi, con uno stock stimato in circa 687,5 miliardi di euro nel 2020, concentrati in settori strategici come le energie rinnovabili e le telecomunicazioni.
Due rischi minacciano la buona riuscita del vertice.
Il ritorno del vertice UE-CELAC è certamente una buona notizia per le relazioni tra le due regioni, ma due giorni di riunioni e le foto di rito da sole non valgono una strategia di politica estera. Due rischi minacciano la buona riuscita della riunione di Bruxelles.
Il primo viene dal versante europeo. L’iniziativa si terrà durante il semestre di presidenza spagnola del Consiglio dell’Unione Europea. Madrid tradizionalmente dà l’impronta alle relazioni tra le due regioni e il Paese ha investito molto capitale politico (sia a livello nazionale sia comunitario, con l’alto rappresentate per gli Affari esteri e la politica di sicurezza UE, lo spagnolo Josef Borrell) per la buona riuscita dell’appuntamento. Ma c’è un imprevisto: le elezioni politiche in Spagna del 23 luglio. Certo, la Spagna quando si tratta di relazioni con l’America latina, o Iberoamerica come dicono a Madrid, si muove come sistema Paese, senza differenze sostanziali tra i partiti. Ma il presidente del governo Sánchez, titolare della presidenza di turno europea, rischia di avere poco tempo da spendere a Bruxelles. E ancor meno capitale politico da impegnare con i leader latinoamericani, soprattutto se – come i sondaggi indicano – non dovesse essere riconfermato a La Moncloa.
Inoltre, vi è un limite nell’atteggiamento europeo verso l’America Latina. All’Europa serve «più flessibilità, più pragmatismo» afferma Cimoli, che cita gli Stati Uniti, i quali, in nome del pragmatismo, hanno riattivato le relazioni col Venezuela (Caracas parteciperà al vertice di Bruxelles). «L’America Latina produce idrocarburi, combustibili fossili, e non smetterà a breve. L’Unione Europea, senza tradire i suoi principi, deve essere più flessibile sul tema degli investimenti verdi» afferma Cimoli, poiché essi implicano dei costi di transizione non facilmente sostenibili nel breve periodo da imprese e Paesi latinoamericani.
Il secondo rischio viene dal lato latinoamericano. Se l’UE parla con una sola voce, in America Latina l’integrazione regionale è debole. «Mentre voi racconterete ai vostri nipoti perché vi siete uniti, noi dovremo spiegargli perché siamo ancora divisi» ha detto di recente l’ex presidente dell’Ecuador Rafael Correa Delgado a una platea di parlamentari europei a Bruxelles, parlando di integrazione latinoamericana. La debolezza istituzionale latinoamericana ha fatto sì che la CELAC divenisse una scatola vuota, con l’uscita del Brasile a guida Bolsonaro, e la polarizzazione tra i Paesi del gruppo ALBA (Alianza Bolivariana para los Pueblos de Nuestra América; di orientamento “chavista”) e quelli dell’ex Gruppo di Lima (di orientamento conservatore). In assenza di un accordo trasversale come quello che esiste tra le principali famiglie politiche europee sull’impianto comunitario, tutti i progetti di integrazione latinoamericana rimarranno fragili.
Ex malo bonum: un’opportunità per l’Italia
A Bruxelles, con la leadership spagnola azzoppata per le imminenti elezioni, alcune assenze importanti (al momento non hanno confermato la propria presenza né il presidente brasiliano né quello messicano) il vertice rischia di partire in salita. Ma proprio l’imprevisto del voto spagnolo offre un’opportunità per l’Italia, che con l’America Latina condivide legami antichi e interessi economici attuali. Con un po’ di astuzia, l’Italia potrebbe trasformare il vuoto di leadership europea che rischia di crearsi con le elezioni in Spagna, e presentarsi come un Paese che può concorrere a determinare le relazioni comunitarie con l’America Latina.
(Questo mio testo é stato pubblicato su Atlante Treccani)
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